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Archivio NEWS

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16/10/2008 N° viste: 5591

USO DEL FARMACO OFF LABEL E CONSENSO INFORMATO
RAPPORTO TRA CONSENSO INFORMATO E COLPA

Cassazione penale Sentenza, Sez. IV, 30/09/2008, n. 37077

Si segnala questa interessante sentenza con la quale la Cassazione affronta il significato e la valenza del "consenso informato", quale presupposto della legittimità dell'attività medico-chirurgica, e, conseguentemente, si sofferma sulle conseguenze che, sotto il profili della responsabilità possono derivarne a carico del medico, cui risulti addebitabile un comportamento che comporti danno per il paziente.

Il caso è relativo all’addebito per lesioni colpose formulato nei confronti di un medico aveva somministrato alla paziente un farmaco off label, ovvero per curare una patologia diversa da quelle per le quali vi era indicazione nel "bugiardino" e il giudice aveva peraltro escluso che si fosse trattato di una prescrizione per tentare una "sperimentazione pura", dato che a supporto dell’utilizzo del farmaco per curare la patologia di interesse vi erano degli studi scientifici: di conseguenza la Corte aveva ritenuta corretta la decisione che aveva escluso il reato di lesioni volontarie gravi (originariamente ritenuto nella sentenza di primo grado) e ravvisato il reato di lesioni colpose gravi.
Partendo da tale fatto la Corte sviluppa una serie di argomentazioni sul consenso.

L'attività medico-chirurgica, per essere legittima, presuppone il "consenso informato" del paziente, giacchè il paziente non solo deve poter scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma può anche eventualmente rifiutare la terapia e decidere consapevolmente di interromperla, anche in fase terminale.

"Consenso informato", significa consenso alla prestazione medico-chirurgica espresso a seguito di una informazione completa, da parte del medico, dei possibili effetti negativi della terapia o dell'intervento chirurgico, con le possibili controindicazioni e l'indicazione della gravità degli effetti del trattamento.

Il successivo passaggio della sentenza è quello della disamina delle conseguenze che possono derivare per la valutazione dell'attività medico-chirurgica in caso di esito infausto o dannoso quando tale attività sia stata prestata in assenza di un consenso informato nei termini di cui si è detto.

Ebbene, secondo la Corte, pur se l'attività medico-chirurgica, per essere legittima, presuppone il "consenso informato" del paziente, è da escludere che dall'intervento effettuato in assenza di consenso o con un consenso prestato in modo invalido possa di norma ed automaticamente farsi discendere la responsabilità del medico a titolo di lesioni volontarie ovvero di omicidio preterintenzionale.
Ciò in quanto il sanitario, salve situazioni anomale e distorte, si trova ad agire, magari erroneamente, ma pur sempre con una finalità curativa, che è concettualmente incompatibile con il dolo delle lesioni.
La sentenza offre una ulteriore puntualizzazione in merito al concetto di colpa del sanitario.
Si osserva in proposito che la valutazione del comportamento del medico, sotto il profilo penale, quando si sia in ipotesi sostanziato in una condotta (vuoi omissiva, vuoi commissiva) dannosa per il paziente, non ammette un diverso apprezzamento a seconda che l'attività sia stata prestata con o in assenza di consenso: quindi il giudizio sulla sussistenza della colpa non presenta differenze di sorta a seconda che vi sia stato o no il consenso informato del paziente.
Con la precisazione, peraltro, che non è di regola possibile fondare la "colpa" sulla mancanza di consenso, perché l'obbligo di acquisire il consenso informato non integra una regola cautelare la cui inosservanza influisce sulla colpevolezza: infatti, l'acquisizione del consenso non è preordinata ad evitare fatti dannosi prevedibili (ed evitabili), ma a tutelare il diritto alla salute e il diritto alla scelta consapevole in relazione agli eventuali danni che possano derivare dalla scelta terapeutica in attuazione di una norma costituzionale (art. 32, comma 2).

Unico caso in cui la mancata acquisizione del consenso potrebbe avere rilevare ai fini della colpa è quello in cui la mancata sollecitazione di un consenso informato abbia finito con il determinare l'impossibilità per il medico di conoscere le reali condizioni del paziente e di acquisire un'anamnesi completa (si pensi, alla mancata conoscenza di un'allergia ad un determinato trattamento farmacologico o alla mancata conoscenza di altre specifiche situazioni del paziente che la sollecitazione al consenso avrebbe portato alla attenzione del medico).
In questo caso, il mancato consenso rileva non direttamente, ma come riflesso del superficiale approccio del medico all’acquisizione delle informazioni necessarie per il corretto approccio terapeutico.




 

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