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Corso Porfirie e malattie rare

Terapia delle porfirie, dell’alcaptonuria e dell’emocromatosi ereditaria
G. Biolcati, L. Barbieri, F. Sorge
Centro per le Porfirie-Istituto Dermatologico San Gallicano IRCCS Roma


 

I capisaldi terapeutici delle Porfirie non acute si basano su quattro concetti principali:

a) prevenire, b) diminuire la produzione delle porfirine, c) aumentare l’eliminazione rispetto alla produzione delle porfirine, d) agire sui sintomi. Purtroppo, ad oggi, solo nella porfiria cutanea tarda questi quattro punti possono essere attuati, mentre nelle altre forme di porfirie non acute ci si può limitare alla sola terapia sintomatica.

La terapia dei diversi tipi di porfiria acuta non può prescindere da un’accurata stadiazione. Nei soggetti asintomatici (stadio silente e quiescente) la prevenzione riveste un ruolo fondamentale. È importante non somministrare farmaci che possano indurre la malattia ed instaurare una dieta ricca di carboidrati e glicidi

Quando compaiono i primi sintomi, si ricorre ai sintomatici: per nausea, vomito ed irritabilità è efficace la clorpromazina, per i dolori si può usare il ketoprofene oppure la morfina, per l’eventuale tachicardia ed ipertensione labile i β-bloccanti sono efficaci, inoltre è utile somministrare glucosio in vena alle diverse concentrazioni nella quantità di 200 - 500 gr./die. Il glucosio agisce inibendo l’ALA-Sintetasi epatica con conseguente diminuzione di ALA e PBG.

Laddove questi trattamenti non siano efficaci, oppure nelle forme molto gravi fin dall’inizio, è opportuno ricorrere all’Arginato di Ematina al dosaggio di 3-4 mg/Kg/die per infusione in una vena grossa. La somministrazione di ematina va a compensare la ridotta quantità di eme libero che è responsabile dell’aumento dell’attività dell’ALA sintetasi e, quindi, dell’aumento di ALA e PBG.

La terapia dell’emocromatosi ereditaria consiste nel rimuovere il ferro in eccesso fino alla normalizzazione dei depositi. Il salasso, che consiste nella rimozione periodica di circa 350 - 400 ml di sangue (corrispondenti a circa 200 mg di ferro), rappresenta la terapia più semplice ed efficace. In alternativa, laddove sussistano controindicazioni alla salassoterapia (cirrosi di grado avanzato, cardiopatia) si ricorre alla terapia ferrochelante (desferioxamina).

La terapia dell’Alcaptonuria dovrebbe mirare alla diminuzione dei depositi e questo lo si può ottenere con dosi massicce di acido ascorbico, tuttavia, questo tipo di terapia potrebbe essere responsabile di depositi a livello renale di acido omogentisico. I recenti progressi nella comprensione del difetto molecolare dell’alcaptonuria senza dubbio incoraggiano l’applicazione dell’ingegneria genetica per il rimpiazzo dell’enzima mancante tramite tecniche ricombinanti.

Martedì 16

Mercoledì 17

Giovedì 18

Venerdì 19

Sabato 20

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