barra1

Dermatologia Clinica

Osservazione di un caso di Burning Mouth Sindrome e proposta di linee guida per un intervento diagnostico-terapeutico mirato
F. Bertolini, C. Veller Fornasa, C. Bertolini


 

Gli A.A. descrivono un caso clinico di Burning Mouth Sindrome (BMS), osservato in una donna di anni 74, alla quale la manifestazione era insorta a 68 anni.

Alla obiettività la mucosa orale era assolutamente nella norma, mentre il cavo orale era edentulo. La postura della paziente, l’espressione del volto e il modo di parlare faceva intuire facilmente che si trattava di persona depressa, fatto questo confermato dalla terapia in corso con venlafaxina. In precedenza era stata trattata con numerose altre terapie antidepressive. Veniva riferito che il bruciore era continuo, e tale da renderle impossibile le relazioni con gli altri, infatti la paziente usciva di casa accompagnata dal marito e solo per visite mediche. Era già stata visitata da numerosi odontostomatologi, dermatologi, neurologi e psichiatri.

La patologia era esordita con glossodinia, allorché era in cura dall’odontoiatra per la piorrea. Le vennero asportati i denti e fatta la protesi mobile sia della parte superiore che inferiore.

Due anni dopo l’insorgenza dei primi sintomi, aveva sofferto di dolore al trigemino e pochi mesi dopo di “stroke ischemico a sede frontale corticale e sottocorticale in paziente con stenosi dei TSA”. Da allora si era ulteriormente aggravata la patologia del cavo orale. Due anni prima di giungere alla nostra osservazione, alla paziente veniva diagnosticata gastrite cronica a seguito di gastroscopia. Sottoposta a studio allergologico mediante tests epicutanei, era stata riscontrata sensibilizzazione al palladio cloruro, all’etilenglicole dimetacrilato, alla resina ter-butil-fenolformel-deidica e al potassio bicromato. Il test di arresto/ripresa, effettuato rimanendo senza protesi per 20 giorni, era negativo. Perseverando il fastidio al cavo orale anche in assenza di esposizione, vista l’obiettività clinica della mucosa orale assolutamente priva di alterazioni, si riteneva la sensibiliz-zazione non fosse significativa nel mantenimento della BMS al momento in cui è stata osservata, ma può essere stato un fattore aggravante o cronicizzante la patologia. Questo infatti non contraddice la tesi di alcuni autori (Kaaber S. et al.,1979; Dutrée-Meulenberg ROGM et al.,1992, Virgili A.et al. 1996) i quali ritengono che sia ipotizzabile che l’evento iniziale, scatenante della BSM, provochi una alterazione più o meno significativa delle fibre amieliniche di tipo C, responsabili della patologia urente. Le reazioni immunologiche in risposta ad antigeni estranei in corso di allergia di tipo IV (dermatite da contatto) - ma a volte è coinvolta anche la sensibilizzazione di tipo I - sono causa di danni cito-tissutali, nel cui contesto si può ipotizzare una sofferenza degenerativa del-le componenti sensoriali e assoniche periferiche.

Questo caso clinico sembra riassumere la letteratura in merito.

Sono colpite prevalentemente donne in oltre i 50 anni; l’esordio coincide spesso con cure odontoia-triche; spesso coesistono disturbi neurologici della branca del trigemino, patologia del tratto gastro-enterico quali esofagiti da reflusso e m. di Crohn, patologie sistemiche come il diabete, avitaminosi B12, B1, B2, B6 , carenza di folati e/o Fe, sensibilizzazioni da contatto prevalentemente a metalli e a metilmetacrilati, malattie autoimmuni: questi tra i principali fattori da ricercare nei casi di BMS.

Inoltre, la sindrome depressiva o la sindrome ansioso depressiva esiste in tutti i casi in modo più o meno grave: molti autori, per la buona risposta della sindrome agli antidepressivi, sostengono che la BMS è l’espressione di una depressione, altri autori ritengono che l’evento iniziale sia da attribuirsi spesso a un evento ben preciso come le cure dentarie, una disfunzione temporo-mandibolare o simi-lari e che il persistere di questi disturbi diventino la causa di una sindrome depressiva o ansioso-depressiva.

Le terapie usualmente sono impostate in base alle alterazioni evidenziate, e spesso con risultati limitati.

Valutati i risultati della letteratura si proporrà un approccio diagnostico in cui dovranno essere coinvolte in equipe il dermatologo, l’odontoiatra e chirurgo-maxillo facciale, il neurologo e lo psichiatra.

Per quanto riguarda la figura dello psichiatra, sarà infatti utile, nel tentativo di comprendere se la depressione è alla base della patologia oppure è reattiva, e quale tipo di personalità è maggiormente colpita, studiare tutti i pazienti con tests psicodinamici uniformi.

Martedì 16

Mercoledì 17

Giovedì 18

Venerdì 19

Sabato 20

Poster

 

SALA PLENARIA

 

SALA PLENARIA

 

SALA PLENARIA

 

SALA A

 

SALA B

 

SALA C

 

SALA PLENARIA

 

SALA A

 

SALA B

 

SALA PLENARIA

 

POSTER